LE MIE RAGAZZE DI CARTA, LA RECENSIONE DEL FILM DI LUCA LUCINI.
LE MIE RAGAZZE DI CARTA, IL FATTO —
Alla fine degli anni ’70, nel trevigiano, la rapida espansione delle città investe anche la famiglia Bottacin, composta da Primo, Anna e Tiberio. Per loro, e in particolare per il giovane Tiberio, il cambiamento dalla vita contadina a un contesto urbano sarà piuttosto tumultuoso, tra primi innamoramenti e vita scolastica e sportiva. Ma anche Primo, divenuto postino, farà i conti con un cambiamento di visuale, in una storia di formazione che si fa in tre, ambientata in una zona d’Italia non frequentata spesso dal cinema: il Nord Est.
LE MIE RAGAZZE DI CARTA – L’OPINIONE
Accade di rado che un film riesca a ricreare la magia di un’epoca raccontando in forma di commedia una storia in cui specchiarci tutti ma che sa raccontare in particolare una zona d’Italia appartata come il Veneto degli anni ’70.
Nel film di Lucini, applaudito al Bif&st di Bari, gli ingredienti di quel decennio trovano spazio un pò tutti: la società che cambia, persino in un piccolo centro come Treviso, che agli occhi di chi ha speso fino ad allora la sua vita in un casolare di campagna appare come una grande città. E le mentalità da adeguare, anche nostro malgrado, il gusto che si modifica, la varietà degli incontri, più fitta, e anche la prima crisi del cinema in sala, dovuta al boom della tv, che costringe chi vive di cinema, come l’esercente della sala di fronte casa Bottacin, a dover scegliere tra la chiusura e il passaggio alla programmazione a luci rosse.
Il percorso tracciato da Le mie ragazze di carta è reale, compiuto, e restituisce a fine storia persone cambiate e cresciute. Tutte. Anche grazie a interpretazioni davvero strepitose, da quelle di Maya Sansa e (di nuovo) Andrea Pennacchi, a quella del giovane Alvise Marascalchi e di Giuseppe Zeno, in trasferta dalla serialità, e di Cristiano Caccamo, oltre alla guest star Neri Marcorè. Una piccola perla forse non ancora notata fino in fondo dal mondo italiano del cinema, ma che ha convinto noi di Ciak ad attribuire al film e ai suoi attori il Ciak d’oro Colpo di fulmine 2023, consegnato nella serata d’apertura del Bardolino Film Festival.
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Impossibile non fare riferimento a Signore e signori (1966), l’indimenticabile (e in realtà
forse un po’ dimenticato) capolavoro di Pietro Germi, vincitore del Gran Prix al Festival di Cannes, ambientato in una immaginaria città del trevigiano, strepitoso ritratto di un’epoca e dello scontro tra le mentalità e le ipocrisie che quell’epoca animavano.